Fenomenologia del traffico romano

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trafficoaroma_01Un vero romano è un guerriero. Anche se è un pacifista che ha fatto il servizio civile, se predica la fratellanza universale e il libero amore, persino se fa la spesa solo nei negozi equi e solidali. Ogni volta che un romano medio si ritrova intrappolato in un ingorgo ,la genetica arroganza che gli deriva dall’essere stato padrone del mondo prende il sopravvento. Lungi dal rassegnarsi all’ineluttabile lentezza del fluire del traffico, il romano affronta l’incolonnamento armato di un totale dispezzo per il codice della strada e l’insulto feroce.
Ma insulto è forse un termine riduttivo, che non rende giustizia al mirabile dono di sintesi e alla fulminea capacità di contestualizzazione che danno forma agli insulti romani. Oggi ne ho avuto un plastico esempio nel bel mezzo di un inestricabile ingorgo. Stremato da un vecchio che procedeva titubando tra le macchine senza la scaltrezza necessaria, un signore ha così deciso di richiamare l’attenzione dell’anziano. “A nonnoo, te levi da solo o te devo chiama’ la Fornero pe’ mannatte affanculo?!”. I vecchi non hanno vita facile a Roma, ne ricordo ancora uno, con cappello d’ordinanza, paralizzato dopo che un automobilista più dinamico gli aveva chiesto di liberare lo stop urlando: “Te movi che me stanno a veni’ le piaghe da decubito!?”.
Non è solo questione di turpiloquio dunque. Vado a memoria. “Che hai cambiato?” Chiese un incauto signore al suo vicino di semaforo che aveva appena grattato col cambio mettendo la prima. “No – rispose placido l’interpellato – Scopo ancora con tua sorella”. Nel traffico romano madri sorelle e mogli vengono spesse chiamate in causa. Ricordo una distinta signora che, disturbata da insistenti colpi di clacson, urlò: “Vai a sona’ sul letto de tu’ moglie, lì sì che c’è traffico”.
Ci sono regole non scritte nel traffico romano, che non sempre coincidono con quelle universalmente condivise. Ne ha avuto la prova un mio amico ciclista che un giorno stava diligentemente pedalando sulla pista ciclabile. Quando un automobilista gli tagliò la strada all’improvviso, venne zittito da un perentorio: “Ma che te credi de sta’ a Bologna?!”, davanti al quale – disarmato – si scusò di avere ragione.

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